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Il soffio dell’Islam. La mistica araba e la letteratura occidentale

Louis Massignon, Il soffio dell’Islam. La mistica araba e la letteratura occidentale, a cura di Andrea Celli, Milano, Medusa, 2008, pp. 200, ε 19,80.

Di Louis Massignon (1883-1962), insegne arabista, professore al Collège de France, allievo spirituale di Charles de Foucauld, sono qui raccolti saggi rari ed essenziali che vanno dalla ‘critica’ alle fonti arabe per la Divina Commedia (1919) sino ai sogni e ai racconti di Nerval (1958), passando per riviste e temi che hanno fatto storia nel Novecento, dal «Roseau d’Or» di Maritain ove Massignon pubblica, nel 1927, un saggio sull’Esperienza mistica e i modi di stilizzazione letteraria, a «Eranos» - la rivista di Rudolf Otto e poi di Henry Corbin- ove appare, nel 1945, L’idée de l’Esprit dans l’Islam. La maggior parte dei contributi qui raccolti vide la luce tuttavia in «Études Carmélitaines» intorno ai grandi temi della mistica (testi musulmani intorno alla “notte oscura” dei mistici; l’ “aridità spirituale” secondo la tradizione musulmana; il “Cuore” nella preghiera e nella meditazione musulmana) e giustifica -come sottolinea l’ispirata e profonda Introduzione di Andrea Celli- il carattere filosofico e linguistico che Massignon attribuisce all’esperienza mistica e che si ricapitola in una delle più belle definizioni -giustamente sottolineata da Celli- che di essa siano mai state date: «Percepii che lì, nella specificità di quei testi catalogati come “mistici”, si trovava la chiave non tanto delle origini, quanto dei fini ultimi del linguaggio, che non è [...] un giocattolo estetico, un mulino a idee, ma che permette di accedere al Reale, perché racchiude un senso “anagogico”, una fiocina destinata a tirare l’anima a Dio».
Proprio questa posizione, “gelosa” del soffio dell’Islam, e dei tratti della sua specificità, lo mette in contrasto con il Maestro e amico Miguel Asín Palacios che nel 1919 aveva pubblicato un importante volume, L’escatología musulmana en la Divina Comedia. Nel saggio l’arabista spagnolo ritrovava la struttura dell’iter ultraterreno di Dante nel racconto del mi’rāğ di Maometto; il suo viaggio nei luoghi dell’oltretomba presenta molti punti di contatto con la tradizione cristiana medievale, alla quale ha attinto Dante (per esempio il “supplizio di ghiaccio inflitto a Satana”). Massignon contesta tuttavia un contatto diretto ed osserva che «se è riuscito l’innesto di simili dettagli di provenienza islamica nell’immaginario cristiano, è perché l’Islam a sua volta si alimentava di un’antica linfa filosofica greco-romana (per la psicostasi) e religiosa elleno-siriaca comune a entrambi i contesti culturali». Anche la possibilità che Dante avesse potuto conoscere questa tradizione islamica attraverso Brunetto Latini, è messa in discussione da Massignon. In effetti solo più tardi Enrico Cerulli troverà e pubblicherà la versione latina del Liber de scala (Il Libro della scala e la questione delle fonti arabo-spagnole della Divina Commedia , 1949) e Maria Corti ad essa attingerà per rilanciare una nuova volta il tema dei contatti e dei prestiti arabo-spagnoli verso la Divina Commedia.
Nel limitare al carattere analogico i rapporti tra il mondo islamico e la Divina Commedia, Massignon opponeva alla concezione “analogica” di Asín Palacios la concezione “anagogica” di ogni grande opera, e della Commedia in specie e del tendere ultimo del linguaggio poetico: «Lo stesso Dante non ha cercato semplicemente di “fare della letteratura”, [...] egli credeva a ciò che descriveva; è in misura proporzionale a tale credenza che egli ha voluto comporre un’opera, ed è in misura proporzionale alla sua “mistica” che quest’opera è sopravvissuta: coloro che lo hanno ritenuto sincero si sono dati la pena di preservarla sino a oggi dalla distruzione in cui scompare, poco a poco, tutta la letteratura». Così la fiocina di Dante ha arpionato l’eternità.

Carlo Ossola
Sole24Ore domenica 6 luglio 2008